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Pesticidi fosforati (Esteri fosforici o Organofosforici)

Caratteristiche
Gli organofosforati sono composti chimici nati da studi sui gas nervini durante la II Guerra Mondiale. Sono stati e sono tuttora ampiamente utilizzati sia come insetticidi in agricoltura che come antiparassitari sugli animali. La degradazione di queste molecole nell’ambiente ad opera di luce, batteri, umidità, è abbastanza veloce, infatti la maggior parte di queste molecole si degrada in un paio di settimane; tuttavia per certe sostanze possono essere necessari diversi mesi. Alcune preparazioni di organofosforati sono micro incapsulate, in modo da produrre un lento rilascio del principio attivo; ciò comporta che la molecola venga rilasciata lentamente aumentando quindi la durata dei suoi effetti, ma anche riducendone la tossicità acuta. La tossicità degli organofosforati varia molto da sostanza a sostanza: per alcuni bastano pochi milligrammi di tossico a causare la morte di un animale, mentre per altri sono necessari centinaia di milligrammi per produrre un’intossicazione. Un altro aspetto da non sottovalutare per quanto riguarda la tossicità di questi composti è la modalità di conservazione, ovvero l’uso di prodotti vecchi o di soluzioni preparate molto tempo prima dell’effettivo utilizzo: infatti, in questi casi, si può verificare la formazione di molecole derivate, che dimostrano un’azione più tossica del composto di partenza. Oltre alla tossicità legata al tipo di organofosforato e alla dose in cui viene assunto, ci sono altri fattori che influenzano l’intossicazione, quali la via di ingresso del tossico (orale, inalatoria o cutanea), le caratteristiche dell’animale come specie, razza, età e lo stato fisiologico.

Modalità di azione
Il meccanismo di tossicità degli organofosforati è lo stesso per insetti e mammiferi: tali sostanze si legano alla colinesterasi, un enzima post-sinaptico che ha la funzione di idrolizzare l’acetilcolina (un neurotrasmettitore nel sistema nervoso centrale e periferico), nelle giunzioni neuronali. Questo induce un accumulo a livello sinaptico di acetilcolina che, non venendo più metabolizzata, continua a stimolare la fibra nervosa.

Segni clinici
I segni clinici possono comparire da pochi minuti ad alcune ore dopo l’intossicazione: questo dipende dal tipo di molecola assunta, dalla quantità ma anche dalla via di ingresso del tossico e da fattori intrinseci all’animale. La sintomatologia è tipicamente di due tipi, indicati con i termini ‘muscarinico’ e ‘nicotinico’. La sintomatologia muscarinica si evidenzia con salivazione profusa (scialorrea) accompagnata da iperstimolazione dell’apparato gastroenterico che si evidenzia con crampi addominali, vomito, diarrea, o aumento della lacrimazione. Inoltre si possono osservare difficoltà respiratorie, miosi (pupille più piccole del normale), pallore seguito da cianosi e perdita di controllo dello sfintere urinario. Infine si può instaurare bradicardia con vasodilatazione periferica, fenomeno che causa una grave ipotensione (abbassamento della pressione sanguigna). La sintomatologia nicotinica si presenta con eccessiva stimolazione della muscolatura scheletrica, dunque con contrazioni tetaniche che partono dai muscoli facciali e, progressivamente, coinvolgono tutti i muscoli del corpo provocando rigidità dei movimenti seguita da debolezza e paralisi dei muscoli scheletrici e respiratori. La morte si verifica per insufficienza respiratoria (causata principalmente dal broncospasmo e dall’aumento delle secrezioni bronchiali), e ipotensione (causata da bradicardia e vasodilatazione), associati a paralisi dei muscoli respiratori.

Lesioni anatomo-patologiche
Le lesioni anatomo-patologiche sono aspecifiche. Nella maggior parte dei casi si osservano iperemia generalizzata, a volte petecchie e soffusioni emorragiche a carico delle sierose, polmoni edematosi e congesti, congestione e edema intestinale.

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