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Rodenticidi anticoagulanti

Caratteristiche
I rodenticidi anticoagulanti distinguono possono essere suddivisi in tre famiglie chimiche distinte: i derivati dall’idrossi-4 cumarina, il cui capostipite è rappresentato dal warfarin, i derivati dagli indandioni, ovvero il chlorophacinone e il diphacinone, ed infine i derivati dall’idrossi-4 benzothiopyranone, come il difethialone. Tutte queste molecole sono accumunate da una analogia strutturale con le vitamine K, soprattutto la K1, naturale, e la K3, sintetica. Gli anticoagulanti possono essere ulteriormente distinti in tre generazioni: la 1° generazione necessita di assunzioni ripetute affinché si estrinsechi l’effetto anticoagulante ed ha una moderata tossicità, la 2° generazione necessita di una singola assunzione ed ha una tossicità elevata, infine la 3° generazione necessita sempre di una singola assunzione ma ha una tossicità estremamente elevata in quanto i principi attivi permangono nell’organismo dell’animale anche per mesi.

Modalità di azione
I rodenticidi anticoagulanti vengono assorbiti, anche se lentamente, già a livello orale. In circolo si legano alle albumine e vi si mantengono per lunghi periodi (quelli di terza generazione anche e oltre le 140 ore). Il loro metabolismo (cioè i processi di eliminazione dall’organismo) è estremamente lento, inoltre si instaura un ricircolo entero-epatico, con lunga persistenza dei tossici nel fegato e dunque in circolo; nel caso di anticoagulanti di terza generazione questi si ritrovano in circolo anche oltre 180 giorni dopo l’assunzione. Gli anticoagulanti sono antagonisti della vitamina K ed agiscono interferendo con la normale sintesi e attivazione, a livello epatico, di alcuni fattori indispensabili alla coagulazione (Fattori II, VII, IX e X). Il tempo che intercorre fra l’assunzione dell’anticoagulante e la comparsa dei segni clinici è variabile ed è legato alla tipologia di anticoagulante assunto e alla dose, ma anche allo stato fisiologico dell’animale e alla quantità di fattori anticoagulanti attivi in circolo. Una volta finita la “scorta” di fattori della coagulazione circolanti, iniziano a comparire i segni clinici caratteristici.

Segni clinici
In fasi precoci è segnalata una facile affaticabilità dell’animale con difficoltà respiratorie; a volte le mucose apparenti possono apparire anemiche o può comparire zoppia o dolore (per sanguinamenti a livello articolare o di midollo spinale). Successivamente vengono riportate emorragie gravi anche a seguito di traumatismi di lieve entità, o ematomi che appaiono come rigonfiamenti soprattutto a carico delle sporgenze ossee. Si possono inoltre osservare melena, accumulo di sangue nelle cavità corporee (emotorace o emoperitoneo), ifema (presenza di sangue nella camera anteriore dell’occhio), epistassi (sangue dal naso) ed ematuria (urine con sangue). Se vengono eseguite le analisi del sangue, i tempi di coagulazione risultano alterati.

Lesioni anatomo-patologiche
All’esame anatomo-patologico si evidenzia una condizione di ipocoagulabilità del sangue, con facile gemizio al taglio e assenza del coagulo cardiaco. Possono essere riscontrate raccolte di sangue prive di coaguli in torace e addome, o emorragie in vari distretti corporei.

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