Caratteristiche
La stricnina è un alcaloide vegetale estratto dalla Stychnos nux vomica, e si presenta come una polvere biancastra di sapore amaro. Nel passato è stata legalmente utilizzata per la preparazione di bocconi avvelenati verso gli animali considerati ‘nocivi’, come ratti, topi, volpi, lupi, rapaci, ecc. Oggi è invece vietata, essendo giustamente considerata una delle sostanze più tossiche che si conoscano.
Modalità di azione
Nonostante il sapore amaro della stricnina, gli animali ingeriscono i bocconi avvelenati che la contengono e solo raramente il sapore amaro provoca lo stimolo del vomito. L’assorbimento è rapidissimo, inizia infatti già a livello orale e successivamente gastrico con una rapida distribuzione a tutti gli organi e tessuti. La stricnina agisce in competizione con la glicina, un neurotrasmettitore inibitorio post-sinaptico, secreto soprattutto a livello spinale per modulare l’attività dei motoneuroni inferiori. Questo comporta una diminuzione della soglia di eccitabilità neuronale, provocando crisi convulsive e contrazioni tonico cloniche.
Segni clinici
L’instaurarsi della sintomatologia è rapidissimo: già pochi minuti dopo l’assunzione compare un caratteristico trisma (contrazione dei muscoli facciali) e, poco dopo, si osserva un progressivo irrigidimento a livello cervicale, quindi toracico e addominale. A seguire compaiono contrazioni tonico-cloniche, convulsioni e difficoltà respiratorie. La morte dell’animale avviene per paralisi dei muscoli respiratori. Il decesso può sopraggiungere già dopo meno di 30 minuti dall’assunzione del tossico, fino ad un massimo di 3 ore. Se l’animale supera le prime 24 ore dall’assunzione, è possibile che sopravviva poiché il tossico non viene accumulato nell’organismo ma eliminato per via urinaria.
Lesioni anatomo-patologiche
All’esame anatomo-patologico è osservabile un rigor mortis di rapida insorgenza. Si possono inoltre osservare congestione e cianosi delle mucose respiratoria esplorabili ed emorragie petecchiali a carico del pancreas.